I 150 anni del petrolio

petrolio.jpgEdwin Drake non era mai stato nel­­l’esercito, ma si faceva chiamare Colonnello. Quell’appellativo era l’unico modo per avere un po’ di ri­spetto dalla gente di Titusville, il villag­gio della Pennsylvania dove l’ex ferro­viere Drake era stato mandato, nel 1857, dalla Pennsylvania Rock Oil Company, con il compito di tirare fuori petrolio dal sottosuolo.

Gli abitanti di Titusville lo vedevano armeggiare con funi e tri­velle mentre tentava di applicare le tec­niche di trivellazione delle cave di sale alla ricerca del greggio, e la chiamava­no la ‘follia di Drake’. Lo stesso Drake iniziava a disperare dato che, dopo un anno e mezzo di lavoro, era l’agosto del 1859, il petrolio non era uscito, i finanziamenti della Pennsylvania Rock (ri­battezzata Seneca Oil) si erano esauri­ti e il presidente della società, il ban­chiere James Townsend, gli aveva scrit­to di pagare tutti i debiti e interrompe­re i lavori. La lettera di Townsend ar­rivò il 27 agosto 1859, il giorno in cui la trivella di Drake si era infilata in una fenditura a 21 metri di profondità, là dove c’era un giacimento di petrolio.
La mattina dopo, sorprendendo lo stes­so Colonnello, la melma nera iniziò a sgorgare dal tubo della trivella. Un se­colo e mezzo fa, il primo pozzo di pe­trolio della storia stava funzionando. Dentro ai barili da whisky della Penn­sylvania – i cui 159 litri di capienza so­no ancora oggi l’unità di misura del greggio – il petrolio della Seneca Oil ve­niva inviato a Pittsburgh, dove Samuel Kier aveva ideato il modo di ottenerne cherosene, un combustibile eccezio­nalmente efficace, molto più economi­co dell’olio di balena che, in quegli an­ni, bruciava nei lampioni per illumina­re le città. L’era del petrolio era comin­ciata.

Pozzi sul modello di quello di Drake, avviati per lo più da petrolieri improvvisati, si moltiplicavano per gli Stati Uniti, così come le raffinerie. L’in­dustria si sviluppò rapida e disordina­ta per una decina d’anni. Poi arrivò John D. Rockfeller, il fondatore della Standard Oil, l’uomo che acquisì uno dopo l’al­tro tutti i pozzi e le raffinerie statuni­tensi fino a controllare, agli inizi del No­vecento, il 90% del petrolio mondiale. Quando, nel 1911, la Corte Suprema smembrò il monopolio della Standard Oil dividendola in 34 compagnie indi­pendenti, il potenziale del petrolio si stava già rivelando in tutta la sua por­tata.
Duecento tipi di prodotti derivati erano già entrati nella vita quotidiana de­gli occidentali dell’inizio del secolo: dai detersivi ai medicinali. E da tre anni l’A­merica vedeva per le strade la Ford Mo­dello T, la prima auto di massa, spinta da un motore a combustione interna che bruciava proprio petrolio raffinato. La Ford cambiò il modo di fare indu­stria, l’auto modificò il volto dell’Occi­dente.

È proprio l’impiego nei traspor­ti a fare del petrolio la materia prima del secolo. In Europa un giovane Winston Churchill convinse il governo inglese a convertire la flotta reale dal carbone al petrolio. Era il 1911, tre anni dopo sa­rebbe iniziata la Prima guerra mondia­le; la mossa di Churchill consentì alla Gran Bretagna di dominare la flotta te­desca, potentissima, ma a carbone. Churchill fu anche uno dei primi a ca­pire che, se il petrolio era così impor­tante, bisognava assicurarsi di non ri­manerne senza. Investì nella Anglo-Per­sian Oil (oggi British Pe­troleum), fondata da William Knox D’Arcy, che controllava nume­rosi pozzi in Iran.

I gia­cimenti più ricchi, il mondo se ne accorse presto, erano lì, nel po­vero e instabile Medio Oriente. Cominciarono così le lotte tra nazioni occidentali per aggiudicarsi i giacimenti della regione, la co­lonizzazione dell’area ad opera di in­glesi e francesi, il successivo smantellamento delle colonie e le alleanze con i governi locali per assicurarsi le forniture.

«Chi controlla il petrolio controlla il mondo», diceva Enrico Mattei, lo stori­co capo dell’Eni che, negli anni Cinquanta, ha fatto del gruppo sta­tale italiano una delle maggiori compagnie petrolifere del Pianeta.

Un concetto chiarito dalla realtà del 1973 quando, per ritorsione contro l’appoggio sta­tunitense ed europeo ad Israele nella guerra dello Yom Kippur, le nazioni arabe fermarono il flusso di petrolio dal Medio Oriente, mettendo al buio l’Occidente. In Italia fu l’Austerity: riduzione dei con­sumi obbligatoria, ora legale, camion e auto fermi la domenica. Strategie anti­cipatrici di quelle attuali, oggi tese a ri­durre l’inquinamento prodotto dal con­sumo di greggio.

Poi arrivarono le guerre. I principali conflitti degli ultimi decenni hanno spesso avuto al centro il controllo del­le fonti petrolifere: per il petrolio si com­batte in Medio Oriente e in Africa, sul petrolio si basa tutto il potere di regimi bellicosi e inaffidabili, come quelli ira­niano e libico, ma anche di governi ai li­miti della democrazia, come quello ve­nezuelano.

I 150 anni del petrolioultima modifica: 2009-09-01T12:15:00+02:00da pgiolitti
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