Il ragazzo che domò il vento

william_kamkwamba_windmill.jpgWilliam Kamkwamba è un ragazzino del Malawi, Paese africano tra i più poveri del mondo che, rifiutato dalla scuola perché il padre non può pagare l’iscrizione, scopre in una piccola biblioteca un libro che parla di pale coliche. Non sa leggere l’inglese, ma solo guardando le figure riesce a capire tutto. E costruisce una pala eolica fatta di dinamo di biciclette, pezzi di trattori abbandonati, tubi fognari di plastica. Dà energia alla sua casa, ai campi di suo padre, al suo paese. Insomma, una vicenda capace di restituire speranza e ottimismo al più scettico degli uomini. Ma forse la parte più bella del suo racconto, raccolto dal giornalista americano Bryan Mealer (e oggi edito in Italia da Rizzoli con il titolo Il ragazzo che catturò il vento), si legge ai margini della trama principale. È la stupefacente e candida descrizione della vita quotidiana di un bambino africano, tra povertà, gioco, fantasie e magia.

Oggi William, scoperto da un ricercatore impegnato in Malawi, è diventato famoso. È iscritto alla più importante università africana, l’African Leadership Academy di Johannesburg.

Ecco l’intervista.

Come le è venuta l’idea di costruire una pala eolica dietro casa?

Il mio Paese si trovava nel pieno di una carestia. I miei non si potevano permettere di mandarmi alle scuole secondarie: non avevamo soldi. Ma ero sicuro che un giorno sarei potuto tornare a scuola e mi dissi che non mi sarei dovuto trovare indietro rispetto ai miei compagni. Così, per tenermi al loro passo, decisi dì leggere tanti libri. Andavo in una piccola biblioteca ogni giorno ed ero attratto dai libri scientifici. Purtroppo non leggevo l’inglese e quindi usavo le illustrazioni per comprendere. Un giorno trovai un libro con la foto di una pala eolica sulla copertina posteriore. Dentro poi c’erano disegni che mostravano come potesse essere usata per pompare acqua e generare elettricità. Pompare acqua significava irrigazione, una cosa della quale i nostri raccolti avevano un disperato bisogno. Pensai pure alla fame. Con l’acqua e l’elettricità potevamo fare il raccolto 2, 3 volte l’anno. Così ho deciso che avrei costruito un generatore eolico. I nostri villaggi sono costantemente spazzati dal vento. Ma non avevo alcuna idea di come si costruisse: iniziai a raccogliere i materiali qua e là.

Come hanno reagito gli abitanti del villaggio alla sua decisione di co-struire una pala eolica?

Pensavano che fossi matto e non dò loro tutti i torti. Mi vedevano fare il giro delle discariche per raccogliere i materiali di cui avevo bisogno.

Ma neanche lei sapeva cosa fosse un generatore eolico, eppure ha deciso di costruirne uno, perché lei ci credeva e gli altri no?

La differenza forse sta nell’aver fiducia nel prossimo. Non avevo mai visto una pala eolica dal vivo. Ne avevo visto solo una foto, ma questo mi confermava che qualcuno ne aveva costruita una, che esisteva. Da bambino giocavo con le girandole, avevo avuto la possibilità di sentire sulle mani le vibrazioni create dall’energia trasmessa dal vento alla girandola. Mi era facile credere che la stessa energia si potesse trasformare in elettricità. Insomma: tutto quello che ci circonda, le case, le strade, gli oggetti, sono stati creati da qualcuno e prima che qualcuno li creasse non esistevano. Evidentemente una persona che aveva fiducia nel fatto che un’impresa fosse fattibile aveva deciso di darsi da fare per realizzarla. Se si presta sempre ascolto a quello che dice la gente, non si farà mai niente.

Che pensa del mondo occidentale?

È molto diverso dal Malawi dove sono nato e cresciuto. Una delle cose che mi ha colpito di più sono le differenze che corrono nei rapporti familiari. In Malawi il padre e le figlie non possono abbracciarsi, invece in America li ho visti abbracciarsi continuamente.

E ai suoi coetanei occidentali che cosa direbbe?

Di imparare ad apprezzare quello che hanno e di rispettare quelli che sono diversi da loro. Secondo me non si rendono nemmeno conto della vita ricca che fanno.

Che cosa ne pensa degli aiuti che i Paesi ricchi spediscono in Africa?

Che talvolta non funzionano, forse devono rivedere il loro concetto di che cosa significa aiutare un africano. Un esempio: ci mandano strumenti che dopo un paio di mesi si rompono. E nessuno sa come aggiustarli. L’aiuto si trasforma in rottame. Anche gli aiuti più pensati, come i computer economici, non sempre servono. In Africa molti li considerano elemosina, roba da sfigati, con cui è disdicevole farsi vedere in giro. I problemi di una regione devono essere risolti dalla gente che ci vive. Se alla gente si fa solo carità, non la si aiuta a migliorare la propria vita ma la si rende dipendente dall’obolo altrui.

Il ragazzo che domò il ventoultima modifica: 2010-03-02T19:30:29+01:00da pgiolitti
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5 pensieri su “Il ragazzo che domò il vento

  1. un libro stupendo bisognerebbe farlo leggere a scuola, dovrebbe essere un esempio di forza e ottimismo!
    Lavoro per un laboratorio di analisi..vorrei fare qualcosa..chissà..

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