Alla conquista del Polo Nord

img218.jpgQuest’estate, per la prima volta, l’Artico è diventato circumnavigatale. Il rapido scioglimento dei ghiacciai ha apertoci mitico “passaggio a Nordovest” e noi ci siamo commossi per gli orsi che annaspavano nelle acque gelide. Ma nel silenzio del Grande Bianco si agitavano avvenimenti più rilevanti. Anche perché il Servizio geologico degli Stati Uniti aveva appena reso noto le conclusioni di una sua dettagliata ricerca: perforando i fondali artici si potrebbero portare alla luce 90 miliardi di barili di olio greggio (oggi nel mondo sono 1.200 miliardi i barili che attendono di essere estratti) e oltre mille miliardi di metri cubi di gas, in 25 aree ben definite. Un immenso tesoro che – facevano osservare i tecnici americani – può diventare facilmente accessibile se è esatta la previsione sui ghiacci artici, destinati a scomparire.

Ancora il petrolio, dunque, pane e veleno dei giorni nostri, che fa girare la ruota e scatena le guerre. Con le risorse energetiche sempre più preziose, è scattata la grande corsa all’oro nero e blu del Polo Nord. Si calcola che un quarto delle riserve mondiali siano ancora intatte sotto quei fondali marini (1,2 milioni di chilometri quadrati). Uno scrigno che racchiude anche diamanti, oro, argento, rame, ferro, platino, carbone e, non ultimo, uranio. Insomma, la nuova frontiera del Ventunesimo Secolo. Sin troppo facile prevedere l’accendersi di una grintosa competizione geopolitica.

A contendersi il tesoro sono i cinque Paesi rivieraschi: Stati Uniti (Alaska) e Russia (Siberia), ovviamente in primo piano, e altre tre nazioni che per ragioni geografiche vantano pari diritto a partecipare alla conquista: Danimarca (per via della Groenlandia), Norvegia e Canada. Una convenzione delle Nazioni Uniti (1982) consente ai Paesi con uno sbocco sul mare di estendere i loro diritti per lo sfruttamento delle risorse naturali, minerarie, energetiche e biologiche, dalle attuali 200 a 350 miglia (un miglio nautico corrisponde a 1,8 chilometri). A una condizione: devono essere presentate le prove scientifiche che le 150 miglia aggiuntive rappresentano effettivamente “il prolungamento naturale della piattaforma continentale”.

Da tempo i cinque contendenti hanno rivendicato i confini politici che si affacciano su quel mare. Il nuovo limite è stato posto dove terminano le rocce con le medesime caratteristiche geologiche che affiorano sul continente. Secondo questi Paesi, infatti, le coste attuali non possono essere prese come linea di confine assoluto con il mare, in quanto le acque possono avanzare e retrocedere. Così, per esempio, se tra un secolo si avverassero le previsioni climatiche che vogliono un innalzamento marino di diversi decimetri, alcune nazioni perderebbero una grande quantità di territori.

La Norvegia è stata la prima a presentare la domanda per l’estensione. La Russia ha fatto di più: per annunciare al mondo che il Polo Nord geografico gli appartiene, nel luglio dell’anno scorso ha mandato due batiscafi Mir e un gruppo di scienziati a mappare i fondali e a piantare la bandiera russa metallica a 4 mila metri di profondità, in corrispondenza del polo. È stato anche lasciato un messaggio (con l’orso polare come lago) per le future generazioni. Gesto simbolico? Non soltanto: era anche una ricerca di prove scientifiche per favorire le rivendicazioni di Mosca sull’Artico dinanzi alla commissione Onu. Il Canada si è autoproclamato proprietario dell’Artico sin dagli anni Settanta, la Danimarca considera già Artico la sua Groenlandia e lo stesso fanno gli americani con l’Alaska.

L’Artico ho un’estensione di 14 milioni di Km quadrati, sette volte il Mar Mediterraneo, e raggiunge i 4 mila metri di profondità. Non è mai stato sotto il dominio politico di nessuna nazione, ma ora la contesa si fa aspra. Si moltiplicano le basi militari, le bandiere al vento, in allerta per una “guerra fredda” che può ricominciare.

C’è anche un interesse italiano nell’Artico energetico: l’Eni ha acquisito alcuni giacimenti nel territorio di Jamalo-Nenec (Ynao), la regione che produce le maggiori quantità dì gas del mondo. Ma la caccia al tesoro è riservata ai cinque Paesi che cingono in cerchio il Mar Glaciale Artico. I mutamenti climatici hanno accelerato la loro corsa. Ha detto il ministro degli Esteri danese, Stig Moller: «II ghiaccio si sta sciogliendo e si aprono vie di trasporto e risorse naturali finora inaccessibili».

La sfida non riguarda solo gas e petrolio. II Passaggio a Nord Ovest significa ridurre i giorni di navigazione, collegamenti più veloci tra Atlantico e Pacifico: un viaggio tra due grandi porti come Tokyo e Amburgo sarebbe più corto di 8.600 chilometri.

Nell’Artico la temperatura aumenta a una velocità doppia rispetto al resto del pianeta: vaste aree di permafrost (quelle perennemente coperte dal gelo) si stanno sciogliendo e sia il ghiaccio marino sia quello terrestre sono in rapida riduzione. Fino a pochi anni fa si calcolava che il mare polare sarebbe rimasto privo di ghiaccio nel periodo estivo non prima del 2050, ma le ultime stime indicano l’anno 2013.

(fonte: MondoErre)

 

Alla conquista del Polo Nordultima modifica: 2008-11-05T17:53:22+01:00da pgiolitti
Reposta per primo quest’articolo

4 pensieri su “Alla conquista del Polo Nord

  1. evviva sono la prima!!!!!!!!!!! molto interessante questo articolo ed è inoltre collegato all’argomento k stiamo facendo in classe…………… interessantissimo in petrolio!!!!!!!!!!!!!!!

  2. questo fatto ha un lato positivo e uno negativo il primo é che si stanno creando nuove vie di comunicazione e si sta trovando del petrolio, il secondo é che si stanno estinguendo molte specie animali di quelle zona e che lo scioglimento dei ghiacci provoca problemi ambientali. Di sicuro i fatti negativi superano quelli positivi. se si trovano nuove riserve di petrolio le varie società non spendono per la ricerca di nuove fonti energetiche non inquinanti

I commenti sono chiusi.